I nostri reni producono l’«elisir di lunga vita»: lo studio dell'Università di Bari - La Gazzetta del Mezzogiorno

2022-10-01 18:14:40 By : Mr. Kim Zhu

L’elisir di lunga vita è prodotto soprattutto nei reni. Uno studio dell’Università di Bari, pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale «Stem Cells», ha scoperto il meccanismo che permette alle cellule staminali renali non solo di rigenerarsi e riparare piccoli danni ma di produrre, in notevole quantità, una proteina «anti-aging» preziosa per il corpo.

La ricerca, partita dalla transcrittomica, ora punta alla medicina rigenerativa e a individuare strumenti capaci di sollecitare artificialmente la secrezione di questa proteina riparatrice e anti-invecchiamento.

A spiegarci l’ultima frontiera è il prof. Fabio Sallustio, ricercatore del Dipartimento Interdisciplinare di Medicina e coordinatore della ricerca dell’Università di Bari sviluppata in collaborazione con la Biobanca dell’IRCCS Giovanni Paolo II di Bari.

«Siamo partiti da uno screening, una panoramica generale delle molecole Rna che non codificano per produrre proteine, e tra loro ne abbiamo trovata una che regola una serie di proprietà delle cellule staminali normalmente presenti nei nostri reni, che ripara i danni di invecchiamento del tessuto nefrologico che col tempo portano alle disfunzioni renali. Queste molecole in pratica tengono giovani le staminali».

«La scoperta più interessante è la proteina antietà Klotho, già nota come l’ormone della giovinezza. Studi sui topi hanno dimostrato che bloccandola, i topi invecchiamo molto, molto velocemente. Al contrario, facendola esprimere di più la vita dei topi si prolunga. Sappiamo che viene secreta solo in due organi: il rene e il cervello. Abbiamo scoperto che le staminali renali ne secernono livelli molto più elevati, come se fossero la fonte principale di questa proteina che non solo protegge il rene ma va in circolo nell’organismo e a bersagliare anche gli altri organi».

Quindi l’elisir di lunga vita è dentro di noi ed è prodotto soprattutto dai reni?

«Esatto e dovremmo cercare il sistema per potenziare questa sorgente naturale che abbiamo nei reni. Se troviamo il sistema per spingere ancora di più le cellule a secernere questa proteina, riusciremo a ritardare una serie di malattie renali e, poiché va in circolo, a ritardare l’invecchiamento generale dell’organismo».

Da dove è partita la ricerca?

«Tutti i nostri organi hanno cellule staminali ma quelle renali sono state scoperte solo nel 2006 da un gruppo di ricerca di Firenze. A Bari ci siamo concentrati sui meccanismi che utilizzano per riparare i danni a livello renale. Funzionano un po’ come la pelle: le cellule muoiono e devono essere rimpiazzate. Queste cellule hanno sia questo ruolo di aggiornamento costante dell’organismo sia, come abbiamo scoperto a Bari, di riparazione dei danni causati ad esempio dalle sostanze nefro-tossiche. Ci riescono soprattutto con danni piccoli e in età giovane. Con l’avanzare dell’età, funzionano meno. Ma aver scoperto la Klotho può portare a individuare sistemi per aumentarla anche in età avanzata».

Avete scoperto come viene stimolata e poi secreta?

«Attraverso un particolare Rna non codificante chiamato Hotair e questo fa pensare, domani, di poter avere terapie mirate e personalizzate per ritardare o curare danni renali».

«La ricerca è progressiva, ogni scoperta ne prelude altre. L’anno scorso avevamo scoperto che queste staminali del rene riescono a modulare il sistema immunitario intervenendo in caso di trapianto e rigetto dell’organo. Sono tanti tasselli che stiamo mettendo insieme, arriveremo a manipolarle e a indurle a rigenerare i tessuti».

Quali malattie si potrebbero curare?

«Le molte malattie croniche, i danni causati da agenti chimici nefro-tossici, le infezioni che portano alla dialisi. Magari potremo ritardare il ricorso alla dialisi».

Anche il liquido di contrasto di Tac o Risonanze può essere nefro-tossico. Con questa proteina si potrà arrivare a una medicina meno invasiva?

«Esattamente. Ad esempio si potrà pensare di aumentare la capacità di secernere Klotho, che ha tutta una serie di altri effetti benefici, prima di fare la Tac e quindi di preparare l’organismo, soprattutto nei soggetti più fragili, 15-20 giorni prima. In realtà è ciò si fa con il vaccino antiCovid che usa delle vescicole lipidiche in cui c’è Rna che stimola il sistema immunitario. Nel nostro caso lo stimolerà a produrre queste proteine».

La ricerca sui vaccini ha strutturato una tecnologia utile per intervenire sulle staminali renali?

«Non è grazie al Covid perché già c’erano tanti trials clinici su questa tecnologia. La scoperta decisiva è piuttosto legata all’Rna non codificante che attiva processi biologici ed è venuta dal completamento del sequenziamento genoma umano».

A cosa punta ora la vostra ricerca?

«Cercheremo di sfruttare questa nuova conoscenza per stimolare le cellule. E’ come se avessimo scoperto un interruttore e ora dobbiamo capire come accenderlo e spegnerlo. Potremmo trovare una molecola naturale che, come un integratore, stimola l’Rna che regola la produzione della proteina antietà».

Si passa quindi dalla cura alla medicina rigenerativa. Per continuare la ricerca cosa serve?

«Investimenti perché sono ricerche costose. Operiamo con bandi europei e nazionali ma c’è un’enorme competitività e bisogno non solo di tanto studio ma di persone che facciano ricerca. Molti ricercatori del nostro team hanno contratti di appena 1-2 anni e poi lasciano, si spostano, disperdendo un patrimonio e rallentando la ricerca».

«Ora la pubblicazione su Stem Cells ci fa particolarmente piacere perché la rivista è di riferimento nella ricerca sulle staminali e la medicina rigenerativa e può aprire a nuove collaborazioni».

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