L'agenda delle mostre da vedere in Italia a fine aprile 2022 | Elle Decor

2022-05-21 20:21:38 By : Mr. Thomas chen

Pittura e scultura, fotografia, architettura e design ma anche installazioni in dialogo con lo spazio: 10 appuntamenti da nord a sud, lungo lo Stivale

L'agenda delle mostre da vedere questa settimana, come un filo continuo, tocca le principali città italiane, da Nord a Sud nel segno dell'arte, della fotografia e del design. Un primo piano importante è dedicato alla pittura astratta, nel tema del paesaggio, tra memoria e capacità immaginativa, che mescola vecchie e nuove visioni attraverso le opere di protagonisti del secondo Novecento, artisti riconosciuti a livello internazionale e giovani emergenti sulla scena contemporanea, presentati da gallerie e istituzioni museali. I progetti espositivi di fine aprile includono l'installazione di un artista che utilizza il linguaggio dell'arte per riflettere sullo spazio intorno a noi e sul modo in cui le nuove tecnologie influenzano l’architettura e l'abitare. E ancora, tra gli appuntamenti culturali di questo mese, spicca la mostra dedicata ad Aldo Rossi, che ne esplora l'attività di designer, progettista e teorico dell'architettura, tra prototipi e oggetti divenuti icone del design. Aprile riserva un ruolo importante anche alla fotografia, sia che si tratti dei lavori di artisti e fotografi rappresentati dalle gallerie italiane e internazionali di MIA Fair, che hanno come focus la ricerca e la trasversalità dei linguaggi artistici contemporanei, sia che si tratti delle mostre diffuse del festival Fotografia Europea, tra sguardi internazionali, punti di vista e sensibilità differenti, di grandi maestri, fotografi affermati e nuove promesse.

La galleria fiorentina Edoardo Secci ha aperto un nuovo spazio espositivo nel centro storico di Milano, in via Olmetto 1, il secondo dopo quello già presente in città dal 2021. Il fiocco azzurro, pochi giorni fa, ha coinciso con l'inaugurazione di due mostre: la collettiva "Unmatter", a cura di Alberto Fiz, e la personale di Tillman Kaiser, a cura di Pier Paolo Pancotto, presentata nello spazio sperimentale indipendente NOVO della galleria. "Unmatter" riunisce tre artisti internazionali, Joshua Hagler, Luisa Rabbia e Maja Ruznic, che condividono la tematica espressa nel titolo, dove la “non - materia” non è considerata né materia né antimateria, bensì qualcosa di liminale, la cui esistenza nell’universo sia quanto mai probabile. I lavori, prevalentemente dipinti di grandi dimensioni, per la maggior parte inediti e realizzati nell’ultimo anno, esprimono come la pittura sia per gli artisti un’esperienza totalizzante, una rete complessa di segni che individuano una matrice psichica ed emozionale. La mostra “non va considerata come semplice collettiva, ma come progetto espositivo che ha la capacità di esprimere un medesimo atteggiamento nei confronti della pittura, intesa come territorio di confronto metodologico destinato ad andare oltre i canoni standardizzati della rappresentazione”, spiega il curatore. La collettiva è visibile anche online. Nella personale, il pittore e scultore austriaco Tillman Kaiser combina linguaggi diversi, quali pittura, disegno, fotografia, serigrafia, collage e scultura in un lavoro astratto, a tecnica mista, che si caratterizza per le composizioni simmetriche generate da una ripetizione e distorsione prospettica di segni grafici. I dipinti, con motivi moltiplicati che producono un effetto caleidoscopico, dialogano con opere scultoree di sembianze futuristiche, dalle forme geometriche reiterate, che evocano le Avanguardie e il Primo Modernismo. La mostra è visibile anche online. Entrambe i progetti espositivi sono aperti fino al 5 agosto.

Ha aperto MIA Fair, la fiera italiana dedicata all'immagine fotografica, rinnovando l'abituale appuntamento primaverile, dopo la rassegna eccezionale d'autunno, sempre nella sede di Superstudio Maxi. Fino al 1 maggio, l'XI edizione accoglie 97 espositori italiani e internazionali, offrendo un ampio panorama sull'universo della fotografia nei suoi più diversi campi e tematiche, approfondendo in particolare la ricerca e la trasversalità dei linguaggi artistici contemporanei. Fulcro di MIA Fair, ideata da Fabio Castelli e Lorenza Castelli, è la main section costituita da espositori selezionati dal direttore Fabio Castelli, Gigliola Foschi ed Enrica Viganò, advisor di MIA Fair. Quindi il programma espositivo include progetti speciali, tra i quali 'Olympism Made Visible', presentato da Olympic Foundation for Culture and Heritage, con le immagini di Alex Majoli e Lorenzo Vitturi che hanno lavorato, in Brasile e Cambogia, con organizzazioni promotrici dello sviluppo sociale attraverso lo sport. Ma anche 'Invisibile', a cura di Denis Curti, una mostra che racconta la ricerca degli ultimi quindici anni di Roberto Polillo. La sua fotografia aspira a cogliere l’anima dei luoghi, presentando una realtà diversa da quella registrata soltanto dagli occhi, ridotta ai suoi elementi essenziali, spaziali, cromatici, percettivi, tratti pittorici, catturando l’invisibile. O ancora, 'Nuovo Cinema Paradiso', un progetto itinerante curato da Federico Poletti, nelle quali le fotografie di Davide Musto esplorano la nuova generazione del cinema italiano, i talenti che sono arrivati al successo globale grazie alle nuove piattaforme di streaming video. E poi si segnala 'Dutch Talent Pavillion' della galleria Project 2.0 de L’Aia (Paesi Bassi), con la proposta di cinque tra i fotografi più originali della nuova scena olandese contemporanea: Sanja Marušić, Manon Hertog, David Hummelen, Lisanne Hoogerwerf e Larissa Ambachtsheer, autrice dell’immagine della fiera. Anche quest'anno a MIA Fair è presente la sezione "Beyond Photography – Dialogue", curata da Domenico de Chirico. Otto gallerie, impegnate nella promozione di artisti internazionali, sono state invitate a presentare in fiera progetti espositivi pensati ad hoc, nei quali la fotografia si pone in dialogo con altri linguaggi di arte contemporanea, scultura, installazione, pittura e video. Le gallerie scelte sono: A.more, ArtNoble gallery, Bianchizardin Contemporary Art, Galerie Eva Meyer, Galerie Palü, Luigi Solito Galleria Contemporanea, Galleria Michela Rizzo, Manuel Zoia Gallery. New entry in fiera sono la galleria Giovanni Bonelli e LIS10 che partecipano per la prima volta con una selezione di opere di Lisette Castillo (Cuba), Mario Macilau (Mozambico), Laetitia Ky (Costa d'Avorio) presente alla 59. Biennale di Venezia, Gonçalo Mabunda (Mozambico). Invece, Kromya Art Gallery di Verona/Lugano presenta un solo show con le opere multimediali di Davide Maria Coltro, basate sul “colore medio” del paesaggio, risultante dalla media matematica di tutti gli elementi cromatici all’interno di un’immagine e un progetto speciale di Paolo Masi, dedicato alla città di Milano. Partecipano alla sezione MIDA MIA Milan Image Design Art gallerie con opere che mettono in dialogo lavori di fotografia e design. Tra queste BABS Art Gallery espone foto e gioielli di artisti contemporanei e storici quali Emilio Isgrò, Ugo Nespolo, Alfredo Rapetti Mogol, Riccardo Gusmaroli, Chiara Dynys, Anish Kapoor, Niki de Saint Phalle, Man Ray, César, Salvador Dalì, Pietro Consagra. Da segnalare anche la doppia personale di Tom Vack e Luigi Colani, il designer tedesco 'visionario in mostra a MIA Fair per la prima volta, a cura di Imago Art gallery. O ancora, la mostra Ganga Ma (Madre Gange), in collaborazione con Podbielski Contemporary, proposta fino al 19 settembre negli spazi dedicati alla fotografia d’arte dell’Università Bocconi che documenta il viaggio di dieci anni lungo il fiume sacro del fotografo italiano Giulio Di Sturco, tra inquinamento, industrializzazione e cambiamenti climatici.

Ad Aldo Rossi è dedicata la mostra presentata nelle sale del Museo del Novecento, che ne esplora l'attività di designer, progettista e teorico dell'architettura. Il progetto espositivo, a cura di Chiara Spangaro, riunisce per la prima volta oltre 350 tra arredi e oggetti d’uso, prototipi e modelli, dipinti, disegni e studi progettati e realizzati da Aldo Rossi dal 1960 al 1997. Caratteristica della sua progettazione, a partire dai primi mobili realizzati nel 1960 con l’architetto Leonardo Ferrari, è la riflessione sul rapporto tra la scala architettonica e urbana e quella monumentale e oggettuale. Dal 1979 si interessa alla produzione industriale e di alto artigianato, avviando collaborazioni con le grandi aziende del design. Rossi realizza arredi e prodotti d’uso prima con Alessi, poi con Artemide, DesignTex, Bruno Longoni Atelier d’arredamento, Molteni&C|UniFor, Richard-Ginori, Rosenthal, Up&Up (oggi UpGroup). In quasi venti anni di lavoro, l'architetto, Pritzker Prize nel 1990, ha sviluppato più di 70 arredi e oggetti, molti dei quali ancora oggi in produzione, che interpretano la sua sperimentazione formale e cromatica nel campo dei metalli e del legno, del marmo e della pietra, della ceramica e della porcellana, dei tessuti artigianali e industriali e dei materiali plastici. Le nove sale in cui si articola l'allestimento, progetto di Morris Adjmi - MA Architects, collaboratore e poi associato di Rossi a New York, raccontano l'architetto e il suo vasto universo, in una narrazione che si esprime tra forma e uso, classicità, ironia e metafisica: dalla libreria a forma di Piroscafo, progettata con Luca Meda per Molteni&C a La conica o a La cupola che sono le iconiche macchine per il caffè disegnate per Alessi e allo stesso tempo gli elementi allestitivi del Teatro Domestico (XVII Triennale di Milano, 1986). O ancora al Faro, già teatro a Toronto e museo nell’isola di Vassivière, che diventa una teiera in vetro e ceramica per Rosenthal, solo per citarne alcuni. Ogni sala approfondisce mondi e aspetti diversi, che evidenziano la relazione tra opere grafiche e prodotti artigianali o industriali, con riferimenti espliciti alle architetture e allo spazio privato di Rossi. La mostra, in collaborazione con la Fondazione Aldo Rossi e Silvana Editoriale, prosegue fino al 2 ottobre.

Inaugura oggi, negli spazi di UNA, Aural Gesture, la doppia personale di Andreia Santana e Dalila Gonçalves, presentata da UNA e Rodriguez Gallery. Il progetto espositivo riunisce una serie di opere incentrate sul suono, la materia e la sua trasformazione, evidenziando un fil rouge che unisce le due artiste e si esprime nel loro interesse per l'oggettualità. La ricerca artistica di Andreina Santana si focalizza sul rapporto tra suono e materia. L'artista portoghese lavora con materiali e realizza opere le cui dimensioni sono legate all'ambiente della fabbrica, dove i ritmi lavorativi sono scanditi dai suoni ripetitivi dei macchinari che conducono alla creazione di un oggetto. Lavorando sul rapporto tra il movimento dello scolpire, quello della scrittura e la conduzione musicale, le mani rappresentate da Santana nella serie 'Sonic Materialities' diventano l’elemento tattile e tridimensionale che esprime sia la fisicità dell'oggetto sia la leggerezza del suono. L'oggettualità diventa una caratteristica delle onde sonore e l'artista dà corpo all’invisibile, rivelando come la forma del suono e il suono della forma siano inseparabili. Le sue opere e loro silhouette disegnano intervalli nello spazio, tra la sensazione visiva e quella sonora, quasi come se guardassimo il silenzio, grande protagonista della storia della musica. La pratica artistica di Dalila Gonçalves si concentra su un processo di dissezione e scoperta di oggetti e materiali in ogni loro aspetto, svelando la loro plasticità, storia e funzione. L'artista raccoglie oggetti e materiali di uso quotidiano che sono trasformati da processi industriali, naturali, atmosferici o dal tempo, per affermarne le loro singolarità attraverso una sperimentazione continua e per dare vita a nuove narrazioni, concrete, fittizie o surreali, ponendoli in relazione con altri elementi. Nella serie 'Atrapasonidos (cattura suoni)', Gonçalves crea strumenti musicali insoliti recuperando oggetti e materiali inediti. Producendo l'idea del suono, sono strumenti ideali e poetici che regalano ai visitatori, mentre si muovono all'interno dell'installazione, la sensazione di ascoltare qualcosa, senza in realtà sentire nulla. Nell'assenza di di azione e musicalità delle opere in mostra, si crea un’atmosfera introspettiva mentre le percezioni derivano più dal tatto che da ogni altro senso. Fino al 31 agosto.

Quest'anno, a ispirare il tema della XVII edizione del festival internazionale di fotografia di Reggio Emilia è una frase di Albert Camus. "Un'invincibile estate" suona come una carica di energia nel continuo rinnovarsi della vita, una spinta propulsiva visto il passato appena lasciato e il presente attuale. Con questa suggestione Tim Clark e Walter Guadagnini, direttori artistici di Fotografia Europea, hanno selezionato i lavori dei protagonisti, tra sguardi internazionali, punti di vista e sensibilità differenti, grandi maestri, fotografi affermati e giovani emergenti, proposti in mostre diffuse in varie sedi e luoghi della città. In particolare le sale dei monumentali Chiostri di San Pietro, fulcro del festival, accolgono dieci esposizioni, tra cui il progetto 'Binidittu' di Nicola Lo Calzo, una riflessione sulla condizione delle persone migranti nel Mediterraneo attraverso la figura di San Benedetto il Moro, il primo santo nero della storia moderna; o ancora 'I give you my life' della fotografa Chloé Jafé, che racconta la storia delle donne della Yakuza, la terribile mafia giapponese, mentre 'The Book of Veles', del fotografo Jonas Bendiksen, si concentra sulle fake news generate nella piccola e sconosciuta cittadina macedone di Veles per dimostrare, attraverso un misto di reportage classico, modelli di avatar 3D e sistemi di generazione di testo con intelligenza artificiale, il potere della disinformazione visiva; oppure Hoda Afshar che svela nei suoi scatti l'invisibile, fotografando il vento in 'Speak The Wind', negli straordinari paesaggi dell’Iran, tra la sua gente e i loro rituali. I Chiostri di San Pietro accolgono "Mary Ellen Mark: The Lives of Women", a cura di Anne Morin, la mostra storica dedicata alla fotografa documentarista che ha esplorato la realtà delle persone, soprattutto donne, in una varietà di situazioni complesse, spesso difficili e dolorose. Tra le mostre partner, si segnala "In scala diversa. Luigi Ghirri, Italia in miniatura e nuove prospettive", a cura di Ilaria Campioli, Joan Fontcuberta e Matteo Guidi, presentata a Palazzo dei Musei. Qui, la serie 'In scala', realizzata da Luigi Ghirri dalla fine degli anni Settanta alla prima metà degli Ottanta e dedicata al parco divertimenti Italia in Miniatura di Rimini, approfondisce i temi del doppio, della finzione e dell’idea stessa di realtà. Nei Chiostri di San Domenico, la nona edizione di Giovane Fotografia Italiana con la mostra 'Possibile', a cura di Ilaria Campioli e Daniele De Luigi, porta sulla scena i talenti della fotografia italiana contemporanea under 35, selezionati da una giuria internazionale. E ancora Collezione Maramotti ospita il progetto fotografico 'Bellum' di Carlo Valsecchi. Le sue fotografie grande formato, frutto di un lavoro di tre anni e nate percorrendo le montagne, sintesi della natura estrema e insieme luogo dell'ultima guerra, raccontano il conflitto ancestrale tra uomo e natura e tra uomo e uomo. Accompagna il programma espositivo di Fotografia Europea, molto articolato e arricchito da incontri, talk e appuntamenti culturali, il Circuito OFF, l’evento collettivo e indipendente che prevede, anche quest'anno, mostre diffuse in negozi, ristoranti, studi, cortili e case private, sedi storiche, gallerie d’arte della città. Fino al 12 giugno.

Palazzo Bentivoglio accoglie l'installazione di Andreas Angelidakis, riconosciuto per lo sviluppo di una pratica artistica multidisciplinare, combinata alla curatela e alla scrittura critica, che attribuisce allo spazio e al modo di abitare un ruolo determinate. Il progetto 'POST-RUIN Bentivoglio', che attraversa le tre sale dei sotterranei cinquecenteschi, richiama il passato dell’edificio, il precedente palazzo della famiglia bolognese Bentivoglio distrutto dalla furia popolare, e si inserisce in una serie di lavori dell'artista che sovvertono il concetto di rovina, dove l'opera è utilizzabile a piacimento dal pubblico. A comporre questa installazione, infatti, sono elementi modulari che possono essere assemblati in modo da modificare gli spazi, per 'edificare' una rovina o per dare vita, disponendoli separatamente, a sedute e punti di appoggio. I moduli, blocchi, archi e frammenti di rovina, sono realizzati con materiali soffici e leggeri mentre un pattern marmoreo stampato ne riveste la superficie. Alla base dell'installazione c'è la volontà di porre in discussione la monumentalità e la distanza di rispetto che riconosciamo abitualmente alle antichità. Inoltre, qui l'opera diventa una scultura utilizzabile per vivere lo spazio e osservare le altre opere presentate, dei video che esemplificano il lavoro di Angelidakis e delle sculture realizzate da stampa 3D che traducono in realtà le visioni architettoniche progettate al computer dall'artista. Angelidakis si muove nello spazio di confine in cui arte e architettura si sovrappongono e lo si può considerare come un critico e un intellettuale che utilizza l’arte per riflettere sullo spazio intorno a noi e sul modo in cui le nuove tecnologie influenzano l’architettura e il nostro modo di vivere. Fino al 12 giugno

Apre oggi nelle sale di PIA Palazzina Indiano Arte la personale di Enrico Tealdi, a cura di Serena Trinchero, che esplora il tema del paesaggio, tra memoria e capacità immaginativa, interpretato attraverso il linguaggio pittorico. L'esposizione si fa specchio, tra il paesaggio esterno del Parco Monumentale delle Cascine e delle rive dell'Arno, che entra nello spazio espositivo tramite le molte finestre dell'architettura, e quello più interiore, idealizzato e sfocato, rappresentato dai dipinti di Tealdi, in uno scenario di suggestioni e richiami che sottolineano la connessione tra la luce e il ricordo. Il titolo della mostra racchiude i diversi riferimenti che legano passato e presente. In greco, Halos fa riferimento a uno spazio aperto, rotondo, dove venivano eseguiti rituali vicino al tempio dell’Apollo di Delfi, dedicato al dio che rappresenta la luce del sole; in latino indica l’anello di luce che circonda gli astri e nelle lingue moderne include l'italiano alone, ovvero meteora ottica della luce delle stelle, e l'inglese halo usato per indicare l’aureola e il chiarore che avvolge i corpi celesti. Si può quindi dire che nelle diverse accezioni il termine richiama la capacità della luce di rivelare le cose attraverso rifrazioni e riverberi che ne contengono in sé una traccia, fino ad arrivare a evidenziare come la branca scientifica dell'optogenetica faccia riferimento alla luce per essere in grado di stimolare i neuroni al punto di fare riemergere ricordi ritenuti ormai perduti. I paesaggi di Tealdi, caratterizzati da una luce abbagliante che li rischiara fino a renderli sfuocati, sono rappresentazioni frutto dell’alone della memoria, di un tempo simbolico, pervasi dalla nostalgia che avvolge gli attimi che riusciamo a ricordare. La mostra, presentata dal centro di produzione della danza Virgilio Sieni, chiude il 12 giugno.

Inaugura il 5 maggio il progetto espositivo di Antonello Viola, allestito negli spazi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. Il nucleo di sette opere su carta interpreta il confronto pittorico dell'artista romano con il capolavoro di Giulio Aristide Sartorio, La Gorgone e gli Eroi (1897). Un tema, nato dallo studio delle collezioni della Galleria che Viola ha sviluppato con continuità in questi ultimi anni e che approda ora alla mostra "Aperto confine sulla Gorgone di Sartorio". Nel museo, accanto alla grande tela dipinta da Sartorio, nel corso della sua stagione simbolista, è esposto un dittico di bozzetti preparatori, dedicati allo studio del corpo della Medusa, che hanno in particolare ispirato la produzione di Viola. Il confronto con l'opera di Sartorio attiene al linguaggio pittorico. Attraverso un processo di stratificazioni, velature di colore e successive sottrazioni, le 'variazioni sul tema' dell'artista romano restituiscono una riflessione intorno al modello di riferimento, parte integrante del processo creativo. La risposta 'contemporanea' di Viola conferma il potere immaginifico di un’opera del passato, caratterizzata da una “bellezza fatale e ammaliatrice”, come dichiara Sartorio, mettendo in evidenza “due aspetti della profonda vanità dell’esistenza umana”. Fino al 28 giugno.

Giosetta Fioroni, coinvolta nell'esperienza artistica della Scuola di Piazza del Popolo, a Roma negli anni Sessanta insieme ad altri artisti quali Mario Schifano,Tano Festa, Franco Angeli e Renato Mambor, è la protagonista della monografica presentata da Contemporanea Galleria D’Arte, che inaugura il 1 maggio. La mostra, a cura di Gemma Gulisano, racconta l'esperienza artistica di Fioroni, concentrandosi sui momenti più significativi della sua attività, dagli esordi a Parigi a fine anni Cinquanta alla produzione a Roma dei primi anni Sessanta, fino ai lavori più recenti. Le tappe della ricerca artistica di Fioroni rivivono nel percorso espositivo secondo un ordine che non è cronologico, ma circolare, componendo una narrazione che è fatta di intrecci, come richiamato nel titolo. A emergere in questi incroci e sovrapposizioni è, tra gli altri, il tema del volto femminile ('Volto', 2020), immagine iconica della produzione degli anni Sessanta e Settanta che caratterizza il celebre ciclo degli argenti ('Bambino solo', 1970, 'Costume da bagno', 1962). Nei lavori di oggi, i simboli noti di Fioroni rimandano a un tempo lontano, colto nella sua dissolvenza ma mai perduto, mescolando vecchie e nuove visioni. L’esposizione è organizzata in collaborazione con l’Archivio Giosetta Fioroni. Fino al 31 maggio.

Artisti israeliani di generazioni diverse, figure già conosciute nella scena contemporanea e giovani che si stanno affermando, sono i protagonisti della collettiva ospitata nelle sale del Museo Civico, a cura di Daniela Brignone e di Moshe Ben Simon. Il titolo dell'esposizione Hora rimanda al tradizionale ballo, considerato un simbolo della ricostruzione del paese. Il termine, infatti, deriva dall’etimo greco χορός (khorós), danza che, coniugato con la forma del greco antico χορεία (khoreía), rimanda a un recinto, adottato in Israele con il significato di cerchio di danzatori aperto a tutti. Un significato attinente al territorio di Israele, incontro di popoli, identità e idee spirituali diverse che hanno contribuito, e continuano a farlo, al processo di formazione dell'identità del Paese. “La cultura dell’accoglienza che è patrimonio della terra israeliana, espressa metaforicamente nella danza, diventa un tema pregnante nell’epoca in cui viviamo, un forte riferimento ad una condizione globale in cui i conflitti e le migrazioni determinano un’instabilità. Le opere selezionate sintetizzano efficacemente la storia e la cultura legate al passato, al presente e al futuro del popolo israeliano, che hanno dato origine a sincretismi, a una memoria collettiva e a una ritualità confortante che unisce il popolo ebraico in ogni parte del mondo”, dichiara Daniela Brignone. Sempre in tema con la Hora, il progetto espositivo invita a conoscere le nuove correnti artistiche e le più recenti esperienze visuali, considerando tecniche e linguaggi e espressivi diversi, pittura, scultura, fotografia, illustrazione, assemblaggio di oggetti. Gli artisti in mostra: Orna Ben-Shoshan, Eyal Ben Simon, Alexander Bogen, Yuval Caspi, Igor Cherchenko, Mira Maylor, Alon Ohana, Harold Rubin, Avi Yair, Gabby Natan, Nina Sara Meridor, Lihie Gendler- Talmor, Shade Twafra. Fino al 31 maggio.